Turnaround for Scientists

[ Sat. Jan. 5. 2008 ]

Qual è il forum on line più cool su cui si scambiano pareri e idee scienziati e cervelloni di tutto il mondo, quello che mantiene vivo il dibattito scientifico? Quasi sicuramente Edge.org, sito britannico che ha tra i supporter più accesi, tanto per citare qualcuno tra i notissimi, Richard Dawkins, il famoso e discusso zoologo autore de Il gene egoista, Brian Eno, produttore visionario di musica contemporanea, lo psicologo Steven Pinker, oppure fisici come Alan Guth (uno di quelli che sta cambiando l’attuale visione della storia dell’universo) o Gino Segrè. Da lì passano molti dei dibattiti che contano, merito anche di un escamotage, con le caratteristiche del tormentone colto: ogni anno Edge.org pone un quesito malizioso a cui gli intellettualoni, che compulsano le sue pagine elettroniche, sono chiamati a rispondere. Quello di quest’anno è: «Su che cosa avete cambiato idea? E perché».
Un modo garbato di spingere i ricercatori, che lo utilizzano e sostengono, ad ammettere i propri errori a partire da un motto: «Quando pensare modifica la tua opinione è filosofia, quando è dio che ti fa cambiare idea è fede, quando i fatti ti fanno vedere le cose in maniera diversa questa è scienza».
I quesiti posti negli anni precedenti si erano già spinti sul filo della provocazione (nel 2006 la domanda era stata «qual è l’idea più pericolosa in circolazione?»), ma non avevano mai coinvolto così sul personale intellettuali e ricercatori. Forse per questo i mea culpa sono arrivati numerosissimi e prestigiosi (siamo già oltre il centinaio in pochi giorni), rivelando che le migliori teste pensanti stanno cambiando parere su un sacco di cose, dall’espansione dell’universo all’evoluzione, dal senso della scienza al funzionamento del cervello umano, passando per il valore dell’Impero romano rispetto alle civiltà barbariche. E in alcuni casi il «contrordine compagni scienziati» bordeggia tra lo stupefacente e l’iconoclastia.
Per fare qualche esempio, un antropologo come Richard Wrangham, noto per le sue teorie sulle origini della violenza tra gli umani (ha scritto Demonic Males: apes and the origins of human violence) ripensa le sue idee: «Pensavo che alla base dell’evoluzione umana ci fosse l’uccidere e mangiare carne, adesso penso che ci sia il fatto di cucinare il cibo. Che questo ci abbia differenziato dai primati». Invece un biologo evoluzionista di fama come Mark Pagel ha cambiato idea sul concetto di razza, che secondo lui non deve più essere un tabù, anche nella sua applicazione nei confronti dell’essere umano. A convincerlo di questo fatto sono stati gli ultimi studi sul genoma della nostra specie: «Ci accomuna il 99,5 per cento del patrimonio genetico, non il 99,9 come si credeva in passato... se pensiamo che con lo scimpanzé la somiglianza è del 98,5 per cento... Questo non significa affatto che un gruppo etnico sia superiore all’altro, ma solo che ha senso discutere di differenze genetiche tra le popolazioni».
Come si vede, tesi espresse con moderazione ma comunque dirompenti, visto il putiferio provocato da espressioni meno felici, ma basate sugli stessi dati, di un premio Nobel come James Dewey Watson (scopritore del DNA e recentemente aggredito, a ragione, dai media inglesi per una serie di dichiarazioni razziste di dubbio gusto e attendibilità).

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